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Risposta breve
È curioso che la gente usi la parola “apartheid” contro Israele, ma non parli mai di questo: agli israeliani (soprattutto agli ebrei) è vietato entrare nell’Area A, che è completamente controllata dall’Autorità Nazionale Palestinese. Esatto, gli ebrei non possono letteralmente metterci piede. Nel frattempo, i palestinesi entrano in Israele ogni giorno per lavoro, cure mediche e altro ancora. Se cercate la vera segregazione, eccola qui: apartheid contro gli israeliani, puro e semplice.
Risposta lunga
Il termine “apartheid” viene spesso usato contro Israele senza alcun contesto, ma pochi sono disposti a riconoscere una realtà lampante: ai cittadini israeliani – in particolare agli ebrei – è vietato entrare nell’Area A della Cisgiordania, che è sotto il pieno controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Chiariamo cosa significa tutto ciò. L’Area A, istituita con gli Accordi di Oslo, è amministrata interamente dall’Autorità Palestinese, sia in termini di governance civile che di sicurezza. La legge israeliana proibisce esplicitamente ai suoi cittadini di entrare in queste zone, non per un disaccordo politico, ma per seri problemi di sicurezza. Questa politica viene applicata da Israele per proteggere la sua popolazione dal rischio molto concreto di violenza, sequestro o addirittura linciaggio qualora vi entrasse per errore.
Non si tratta di un’ipotesi. Ci sono stati numerosi incidenti in cui i civili israeliani, compresi coloro che hanno accidentalmente attraversato l’Area A, hanno dovuto affrontare minacce immediate per la loro vita. In risposta, Israele ha stabilito restrizioni legali che impediscono l’ingresso in queste aree, riconoscendo di fatto che queste regioni non sono sicure per i propri cittadini.
A questo si contrappone la libertà di movimento concessa ai palestinesi. Decine di migliaia di palestinesi della Cisgiordania entrano in Israele ogni giorno per lavoro, cure mediche e altre necessità, spesso grazie a permessi coordinati che consentono l’accesso a ospedali, cantieri e servizi israeliani. Nonostante i continui rischi per la sicurezza, Israele continua a facilitare questo movimento, consapevole che la maggior parte dei palestinesi non è coinvolta nel terrorismo e che la dignità umana deve essere preservata.
Dov’è quindi il cosiddetto “apartheid”? Semmai, la realtà unilaterale è che agli israeliani – soprattutto agli ebrei – è impedito di entrare in intere aree a causa delle minacce alla loro vita, mentre i palestinesi si muovono liberamente nel territorio israeliano con la protezione della legge israeliana. Questa netta asimmetria è raramente messa in evidenza nelle narrazioni tradizionali.
Se la definizione di apartheid è “segregazione basata sull’etnia o sulla nazionalità”, allora sicuramente l’esclusione forzata degli ebrei dalle aree controllate dai palestinesi, unita al regolare accesso della popolazione palestinese alla società israeliana, solleva importanti interrogativi su chi sta segregando chi.
È ora di andare oltre gli slogan semplicistici e di dare un’occhiata seria ed equilibrata ai fatti. Le accuse di apartheid perdono di significato se usate in modo selettivo e senza un contesto completo. In questo caso, la realtà sul campo rivela una dinamica molto più complessa e spesso invertita.