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Risposta breve
L’affermazione secondo cui l’86% dei migliori studiosi di genocidio al mondo afferma che Israele stia commettendo un genocidio è una frode. In realtà, solo il 28% circa dei 500 membri dell’IAGS ha votato e l’86% di questo piccolo gruppo ha appoggiato la risoluzione. L’iscrizione all’Associazione Internazionale degli Studiosi del Genocidio è aperta a tutti: bastano 30 dollari e pochi click, senza bisogno di dimostrare credenziali o documenti d’identità.
Le pagine archiviate dell’elenco dei membri (prima che venisse nascosto) mostravano persino nomi falsi come “Cookie Monster” e “Adolf Hitler”, rivelando quanto poco seria sia la lista. Non si tratta di un consenso accademico, ma di disinformazione travestita da accademia per legittimare la falsa rivendicazione di genocidio contro Israele.
Risposta lunga
L’affermazione secondo cui l’86% dei massimi studiosi mondiali di genocidio sostiene che Israele stia commettendo un genocidio è una frode. L’Associazione Internazionale degli Studiosi di Genocidio (IAGS) conta circa 500 membri, ma solo il 28% ha votato e l’86% di quel piccolo gruppo ha appoggiato la risoluzione. In altre parole, solo circa 121 persone, non “gli studiosi di tutto il mondo”, hanno prodotto il titolo. L’adesione all’IAGS è aperta a tutti. Con soli 30 dollari e un breve modulo, chiunque può iscriversi, senza bisogno di documenti d’identità, credenziali o competenze specifiche. Non si tratta di un gruppo di esperti d’élite, ma di una mailing list senza alcuna garanzia.
L’IAGS ha cercato di nascondere l’elenco dei suoi membri, ma ne rimangono alcune versioni archiviate. Da un’analisi dei 170 nomi disponibili emerge che 30 provengono dall’Iraq, un numero insolitamente elevato per un Paese tutt’altro che imparziale nei confronti di Israele. L’elenco includeva persino voci false come Cookie Monster, rivelando quanto fosse poco serio. Al centro dell’accusa c’è Melanie O’Brien, presidente dell’IAGS. Nel febbraio 2024 ha ammesso che dimostrare l’intenzione genocida è estremamente difficile, citando le sentenze della Corte internazionale di giustizia secondo cui le prove devono “solo indicare” l’intenzione, l’“unica deduzione ragionevolmente tratta”. Per Israele, lei scarta completamente questa regola.
Ha persino affermato di sperare che la Corte internazionale di giustizia si allontani dallo standard rigoroso, sapendo che Israele non potrebbe essere condannato in base ad esso. Al contrario, inventa una regola più permissiva, sostenendo che l’intenzione possa essere dedotta da “un modello di comportamento”, senza il requisito della Corte internazionale di giustizia che tale comportamento indichi solo il genocidio. Ricicla citazioni false o distorte, come quella di Herzog “sradicare il male”, che nel contesto si riferiva chiaramente ad Hamas.
Ripete l’affermazione di Gallant sugli “animali umani”, ignorando che egli si riferiva ai terroristi di Hamas, non ai civili. Cita persino una frase inventata di Netanyahu secondo cui “Gaza è la città del male”, quando in realtà egli aveva esortato i civili ad evacuare le zone controllate da Hamas.
O’Brien omette ogni contesto: i tunnel di Hamas, gli scudi umani o le 1,4 milioni di tonnellate di cibo inviate da Israele a Gaza. Gonfia il numero delle vittime senza distinguere tra combattenti e civili. Il risultato è una narrazione vuota in cui Israele prende di mira i palestinesi semplicemente perché esistono. Lei definisce il genocidio “l’unica conclusione”, ma la sua tesi è priva di fondamento. Ignora gli standard che lei stessa ha difeso in passato. Cancella completamente Hamas. Si basa su bugie, distorsioni e un’impostazione dettata da un’agenda politica. Questa non è ricerca accademica. È propaganda travestita da ricerca accademica.
Quindi, quando i titoli dei giornali urlano che “l’86% degli studiosi di genocidio” accusa Israele di genocidio, sappiate cosa significa realmente: un voto esiguo e distorto da parte di un club senza criteri di ammissione, manipolato da una leadership disonesta e amplificato dai media affamati di notizie sensazionali. Non si tratta di un consenso accademico, ma di disinformazione spacciata per ricerca scientifica per legittimare una falsa accusa.